Finalmente (sì, finalmente) il campionato è finito.

E’ la fine di un’era. Qualsiasi cosa accadrà, di qui al 1° settembre, data che sancirà il termine della sessione estiva di calciomercato, nulla sarà più come prima. E’ inevitabile.

La partenza di Lorenzo Insigne, che piaccia o no, che si abbia stima e rispetto di quanto il capitano abbia dato alla causa azzurra (e, francamente, non so come si possano discutere o, peggio, ignorare i numeri dell’ormai ex “24”) o meno, tira una linea netta e demarca una zona, da oggi in poi, tutta da esplorare.

L’innominato Milan, quello snobbato fino a qualche settimana fa, quello che veniva dopo almeno tre o quattro squadre (inclusi noi) ha finito per vincere lo scudetto in una stagione francamente non eccelsa, qualitativamente parlando.

Ma non si faccia l’errore di sottovalutare il lavoro della società rossonera. Non si sottovaluti la progettualità del club che si appresta a passare di mano dal fondo Elliott a, molto probabilmente, un altro fondo (anche se la definizione è limitativa) americano, Redbird, per una cifra che si aggirerebbe nella forbice di cifre fluttuanti tra 1,3 ed 1,6 miliardi di euro.

Ora, non è che a me importi molto dei neo campioni d’Italia. Sì, sono appassionato di pallone ma in primis qualsiasi considerazione di questo genere la faccio in funzione del mio Napoli e per nient’altro.

Quindi mi chiedo perché, ogni anno, per una ragione (vera oppure presunta) o per un’altra, io mi debba sempre ritrovare a cercare una giustificazione all’ennesimo piazzamento, anche quando chi ha vinto ha speso considerevolmente meno di noi (il Milan, appunto).

Le “musichette” fini a sé stesse, personalmente, credo non abbiano più senso. Lo avevano ai tempi di Mazzarri, quando “friggere il pesce con l’acqua” era l’imperativo (quasi categorico).

Ora gli scenari cambiano in fretta ed il nostro sembra la fine di un impero… che non è mai stato veramente tale.

E onestamente, al di là di timidi tentativi del club di celebrare fantomatici ritorni di musichette, c’è sempre più aria di disincanto attorno ai destini sportivi di questa squadra.

Ergo, siamo sempre di meno quelli che credono, stando così le cose, che si possa lontanamente aspirare ad altro che ai soliti piazzamenti… ammesso che il 40% delle dirette concorrenti continuino a fallire (in tutto o in parte) le loro stagioni

Giulio Ceraldi

Forza Napoli. Sempre.