CASA MARZANO

Carinola incontra e trova il mondo catalano: la sua architettura, la sua arte, il suo genio.

L’incontro di Carinola con il mondo catalano esplode ed è raccolto nel Quindicesimo secolo.

Il fatto storico rilevante e determinante di un decisivo mutamento politico epocale fu nel 1444 data dell’ascesa sul trono del regno di Napoli di Alfonso V d’Aragona, poi detto Alfonso I il Magnanimo.
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Con il Re aragonese vi fu un’indubbia fioritura di prestigiose individualità che provocò e favorì l’avvento di quello che in qualche modo si può definire una sorta di rigenerazione del “sapere”, della “conoscenza”, raggiunto grazie al Re Alfonso V, precursore del Rinascimento e caposaldo dell’attestarsi del “mondo moderno”.

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Per Carinola questo rappresentò nel suo collocarsi al centro di un divenire racchiuso in un secolo, il Quattrocento, un periodo unico e irripetibile.

Ecco, così, affacciarsi nel Regno di Napoli al seguito di Alfonso V d’Aragona maestranze iberiche come l’architetto e scultore catalano Guillén Sagrera, che molta parte ebbero proprio per lo sviluppo architettonico e artistico della Carinola Quattrocentesca. Probabilmente presero parte a tale sviluppo non poche maestranze catalane presenti sul territorio del Regno di Napoli.
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Stando al famoso storico Riccardo Filangieri l’edificio fu opera dell’architetto catalano Guillem Sagrera; e non è da escludere il fatto che al suo completamento contribuisse anche il figlio di quest’ultimo: Jaime; mentre, in un suo scritto sui discepoli del Sagrera, Gabriel Alomar attribuisce la costruzione dell’importante edificio, sia pure con qualche imprecisione, esplicitamente a Jaime.

Invece per quanto riguarda l’aspetto decorativo, analogie e raffronti consentono di risalire all’opera di maestranze catalane presenti allora sul territorio del Regno ed operanti in altre e più importanti fabbriche della capitale. Infatti per quel che concerne proprio l’aspetto sculturale il Palazzo catalano di Carinola pare richiamare, tra gli altri, le sculture del maiorchino Matteo Forcimanya.

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Per quel che concerne casa Marzano è bene sottolineare che le differenze di stile riscontrabili tra i vari elementi sculturali e decorativi e in particolar modo tra il piano inferiore e il primo piano, consentono di rilevare che ad essi lavorarono due diversi scultori.

Questo è quanto emerge da un’approfondita analisi e da uno studio più attento e particolareggiato di quella che è l’importantissima fabbrica catalana di Carinola; analisi che tiene conto sia dell’aspetto architettonico che di quello sculturale-decorativo, il che porta a pensare ad un’opera progettata nel suo insieme da un gruppo di architetti, scultori, artisti di grande livello.

Quindi si può ben dire che Casa Marzano costituisce un importante elemento di sintesi racchiudente in sé e sviluppante la breve e pur intensa vicenda artistica Quattrocentesca concernente Carinola e che finì con il segnarne profondamente il tratto.

La dimora, come detto, fu realizzata intorno alla metà del XV secolo, da maestranze catalane, su commissione di Marinello Marzano, duca di Sessa ed esponente di una delle più potenti famiglie baronali del Regno, tanto da guadagnarsi l’epiteto di “piccolo re della Campania”.

Tale epiteto era ben supportato dai vari titoli di Marino Marzano che sono pedissequamente elencati e numerati di seguito:

1 Principe di Rossano;

2 Sesto duca di Sessa Aurunca;

3 Conte di Alife;

4 Conte di Montalto;

5 Conte di Squillace;

6 e (dulcis in fundo), Grande ammiraglio del Regno di Napoli.

Giunti a questo punto è bene soffermarsi e indugiare un po’ sulla figura di Marino Marzano.

Il Marzano era un nobiluomo italiano membro di una delle più importanti e insigni famiglie d’Italia che possedeva buona parte di Terra di Lavoro e dominava su di essa.

Nato intorno al 1420, Marino Marzano era l’unico figlio di Giovanni Antonio e di Covella Ruffo; quest’ultima cugina di primo grado della Regina di Napoli Giovanna II d’Angiò, moglie di Carlo di Durazzo.

I suoi figli che non ne seguirono la sorte, ascesa e rovinosa caduta, furono Giovanni Battista, Camilla detta Covella, Caterina, Margherita e Maria.

Marino Marzano seppe ben presto conquistare la scena principale del Regno di Napoli.

Divenuto nel 1453 sesto duca di Sessa Aurunca rafforzò la propria ascesa e la propria posizione che aveva raggiunto.

L’incontro e la vicinanza con il Re aragonesi di Napoli erano state rafforzate e consolidate dall’abilità e dalla scaltrezza di Marino che aveva saputo ben inserirsi nella lotta tra angioini e aragonesi optando proprio per questi ultimi.

La sua scelta di campo gli guadagnò la stima e la vicinanza del Re aragonese Alfonso V, detto “Il Magnanimo”, tanto che questi dopo essere asceso al trono di Napoli e aver consolidato la sua posizione, Re di Napoli e di Sicilia, diede all’intraprendente Marzano in sposa nel 1442 la propria figlia Eleonora, assegnandogli anche l’importantissima carica di Grande Ammiraglio della marina napoletana. Così, Marino Marzano già esponente ed elemento centrale di una delle più potenti famiglie del Regno di Napoli e d’Italia, seppe aprire il suo territorio e quanto lo circondava al contatto e all’influenza delle nuove idee, alle visioni uniche e al fascino della meravigliosa arte venuta di Catalogna.

Ma per l’irrecuieto e intraprendente sesto Duca di Sessa Aurunca si aprirono nuovi e ampi varchi d’azione.

Il 27 giugno del 1458 la morte di Re Alfonso V d’Aragona fece sì che il 14 febbraio dell’anno successivo il trono del Regno di Napoli passasse a suo figlio illegittimo Ferdinando I d’Aragona detto Ferrante.

Proprio nel corso del Regno di quest’ultimo, per difendere i propri privilegi e le posizioni di potere acquisite, la turbolenza dei baroni si acuì e la loro dura e intransigente opposizione al Re diede luogo a momenti critici che sfociarono nelle due “Congiure dei baroni”.

Tra i principali responsabili della “prima” vi fu proprio Marino Marzano, cognato di Ferrante, avendo sposato Eleonora, sorellastra di quest’ultimo,

Secondo alcune fonti, il motivo scatenante della sua partecipazione alla prima “Congiura” sembrerebbe racchiudersi nel vero e proprio odio provato da questi nei confronti del Sovrano di Napoli; odio che parrebbe essere causato dal fatto che tra i due pare baluginasse l’esistenza addirittura di un rapporto incestuoso tra il Re Ferrante e la sorellastra, moglie del Marzano.

Anche questo sconvolgente e annichilente fatto determinò lo spegnersi su Carinola e su i molti e vasti possedimenti campani e calabri del Marzano di quella luce che con lui accese e arricchì ogni cosa di quel felice momento di creatività di un periodo unico e irripetibile.

Triste epilogo di tale momento sta nello spegnersi di una felice esperienza che con la sua caduta travolse ogni cosa.

Infatti Marino Marzano nel 1464 uscì dalla vita politica e dalle convulse lotte nel Regno di Napoli di cui fu tra i principali attori e protagonisti, terminando la propria esistenza circondato, nella migliore delle ipotesi, dal silenzio della prigionia nel 1489/94; se la morte non gli fu già data nel 1464, o ancora peggio massacrato da mostruose torture.

Ma lasciamo questi fatti offuscarsi tra le ombre del tempo e torniamo a Palazzo Marzano.

Come detto determinante e centrale per quanto si scriverà di seguito fu la stretta vicinanza di Marino Marzano con Re Alfonso V d’Aragona, sancita dal matrimonio della figlia di quest’ultimo, la Regina Eleonora con il Marzano, che per lei a Carinola fece edificare la splendida e unica fabbrica che oggi è nota proprio come “Casa Marzano” (Palazzo Marzano), arricchendo così Carinola anche degli unici e irripetibili fasti aragonesi.

CASA MARZANO
Stemma Famiglia Marzano

Tornando a Casa Marzano, occorre rimarcare il fatto che la posizione di rilievo assunta da Marino Marzano nell’ambito della geografia baronale del Regno, sancita, come più volte sottolineato, il 03 maggio 1444 dal matrimonio dello stesso Marinello con Eleonora figlia naturale di Alfonso V d’aragona, portò all’edificazione di una magione che fosse all’altezza del prestigio e della dignità raggiunti.

Così, sorse, ai margini del complesso urbano della contea di Carinola, allora legata al ducato di Sessa Aurunca, probabilmente su di un’area occupata da un preesistente edificio, una delle più preziose, felici e intense espressioni dell’architettura e dell’arte catalana.
Alcune bellezze della nostra Carinola
A determinare la scelta del sito furono diversi fattori: in primo luogo incise la difficoltà di trovare un’area idonea a Sessa; quindi l’importante posizione strategica occupata da Carinola; in ultimo la vicinanza con lo stesso Alfonso V, che in Carinola, pare proprio di fronte a quello Marzano, possedesse una propria residenza.

Così, Casa Marzano o Palazzo Marzano che dir si voglia, si presenta in tutto come un impianto organico e unitario, rientrante in una precisa tipologia, quella rappresentata dalla “casa patrizia”, già diffusa sul territorio campano, arricchita e impreziosita dalla peculiare esperienza catalana che la rende unica.

Ora è bene sottolineare e rilevare il fatto che tra gli elementi architettonici di maggior rilievo spiccano in primo luogo la corte interna. Infatti, proprio nel patio, che ha subito meno danni e stravolgimenti causati dalla deflagrazione che nell’ultimo conflitto mondiale, nel 1943, distrusse gran parte del rimanente edificio, ancora in esso si concentrano e si sviluppano quei caratteri peculiari che sono alla base dell’arte catalana. Occorre dire che oggi il patio conserva ancora qualche importante traccia di quella che doveva essere la corte d’onore, con il corpo di guardia e le scuderie; inoltre, una piccola scala di servizio a chiocciola e soprattutto uno splendido Scalone d’Onore, lo collegano, ancora oggi a quel poco che si è conservato del livello superiore dell’edificio.

Tale scalone, che deve la propria denominazione, più che alle sue effettive dimensioni, al quanto ridotte, al grande pregio artistico degli elementi architettonici, sculturali e decorativi che lo compongono, si articola su due rampe, intervallate da un pianerottolo di riposo voltato a crociera e costolonato, e si sviluppa lungo due lati del patio.

Quindi, dallo scalone, attraverso il loggiato, si accedeva a quello che doveva essere il piano nobile di rappresentanza, di cui oggi restano ben poche e sparute tracce.

Per quel che riguarda proprio il loggiato, il quale si affaccia sul patio con un ampio arco depresso, presumibilmente, ma è solo una supposizione, in origine si apriva su di una seconda corte interna, confermando così, anche per Casa Marzano, quella struttura policentrica, articolata su due cortili, già presente nel vicino palazzo Novelli.

Proprio per quanto riguarda il loggiato, va ancora aggiunto il fatto che nella seconda metà del Novecento pare che questo fosse ancora sormontato dallo stemma dei Marzano. Proprio dal loggiato, attraverso un singolare portale bicuspidato con arco due volte inflesso, sormontato da stemmi araldici, forse si accedeva a quella che doveva essere la sala delle udienze, andata completamente distrutta e sempre dal loggiato ma da un altro lato di questo, probabilmente si poteva accedere a quelli che forse erano gli appartamenti privati del Palazzo.

Lo scomparso portale d’ingresso merita poi un discorso a parte; infatti tale opera, che richiama nella tipologia piuttosto il portale rinascimentale napoletano ad arco depresso, si distacca tuttavia singolarmente dal resto dell’edificio, invece di chiara impronta catalana.

Va subito detto che la contraddizione con il portale bicuspidato del primo piano è fin troppo evidente.

Oggi però è difficile stabilire se tale elemento di evidente contraddizione possa chiaramente interpretarsi come il segno di maestranze locali che collaborarono all’opera, sia pure sotto l’influenza dell’arte catalana, o piuttosto come il chiaro segno di un affermarsi di quella tendenza rinascimentale toscaneggiante che ormai si andava diffondendo sempre più anche nell’Italia meridionale, o ancora stia a significare un completamento successivo dell’opera da parte di maestranze locali, sia pure sotto la guida dello stesso Jaime.

Tale completamento tuttavia non può essere avvenuto oltre il 1458, visto che sull’arco del portale d’ingresso appariva la croce dei Marzano, e Marinello tradì re Ferrante nel 1459. Occorre dire che questo elemento di forte contraddizione stilistica e strutturale riscontrabile nel portale d’ingresso, sia detto per inciso, non intacca minimamente l’unità architettonica e costruttiva dell’intera opera, che resta, sia pure ridotta ormai a poco più che un rudere, uno dei più fulgidi esempi “dell’arte venuta di Catalogna” presenti nell’Italia meridionale.

Casa Marzano, che, nonostante tutto, aveva conservato quelle che erano rimaste le sue funzioni abitative, fu quasi completamente e rovinosamente distrutta nel 1943, prima a opera delle truppe tedesche in rabbiosa e animalesca ritirata, che con una carica esplosiva ne minarono gravemente la stabilità, e poi di quelle alleate, che per evitare possibili crolli delle parti pericolanti completarono l’opera facendo saltare gran parte di quanto rimaneva della preziosa abitazione catalana.

Così andarono distrutti gli ambienti prospicienti l’attuale via Roma e la quasi totalità del piano superiore. Purtroppo andò completamente distrutto anche il portale d’ingresso al palazzo con l’androne e importanti elementi sculturali e decorativi presenti sia al piano terra che al primo piano.

Va detto che le devastanti e gravi vicissitudini di questo importantissimo monumento non cessarono con le conseguenze apportate dalla guerra. Come se non bastassero i danni già causati a Casa Marzano dall’incuria e dal disinteresse, occorre aggiungere le gravi conseguenze causate dal forte ciclone che si abbatté sulla Campania nel dicembre del 1974.

A seguito di tale devastante evento andò distrutta la residua copertura dell’edificio e vi fu anche il crollo dei coronamenti murari e sculturali come lo scudo araldico che doveva trovarsi nella chiave di volta di quello che avrebbe dovuto essere l’arco depresso del loggiato superiore e gran parte dello stesso arco.

Al di là di un primo parziale e insufficiente intervento di restauro, risalente ormai alla fine del tragico Ventennio (1939), che portò alla rimozione di una assurda scala costruita all’interno del patio per disimpegnare le varie proprietà che di lì si dipartivano, non vi fu altro.

Così, Casa Marzano rimase, per lungo tempo, abbandonata a se stessa, e solo negli ultimi anni dello scorso Millennio è finalmente tornata, con una serie di restauri, al centro dell’attenzione.

Nel 1985, vi fu un primo intervento d’urgenza per il consolidamento dello scalone d’onore, che rischiava di crollare; quindi nel 1990, vi fu un più ampio ed organico programma di restauro, con il quale si cercò di porre rimedio alla rovina del rudere di quello che era rimasto di Casa Marzano.

Tra gli interventi più importanti che hanno caratterizzato quest’ultimo restauro, peraltro incompiuto, vanno menzionati: il completamento dei lavori concernenti lo scalone d’onore, quindi qualche anno dopo fu la volta del consolidamento delle strutture murarie.

Poi si procedette alla ricostruzione delle parti mancanti degli archi, attraverso l’uso appropriato di tecniche antiche; poi si passò alla realizzazione di solai però di tipo moderno, ai quali furono sospese volte di metallo leggero, al fine di evidenziare le parti integrate da quelle ricostruite ex novo; ancora si procedette alla ricostruzione dell’arco che mette in comunicazione il porticato con lo scalone d’onore; infine purtroppo si passò alla discutibile e malriuscita ricostruzione del portale e dell’androne d’ingresso.

Dimitri Maria Pierri