PALAZZO NOVELLI Già PALAZZO PETRUCCI
L’ingresso nella Carinola Quattrocentesca

e nel suo prezioso mondo catalano non può che essere rappresentato meglio tra gli altri che dal monumentale Palazzo Novelli, già Palazzo Petrucci.

Sito nella centrale Piazza Mazza, al centro del suo abitato, è subito visibile a chi percorre il corso principale e questo sia per la sua posizione che per le caratteristiche finestre che si aprono sulla sua facciata e che molto hanno contribuito a renderlo viepiù celebre.

Tale imponente palazzo rappresenta insieme ai preziosi resti della vicina Casa Marzano una delle più significative testimonianze di arte catalana presenti sul nostro territorio.

Ad ogni buon conto è bene rimarcare il fatto che l’impianto architettonico della fabbrica quattrocentesca non pare essere il frutto di un disegno organico ma ha subito nel tempo una serie di interventi che ne hanno più volte modificato la struttura fino ad acquisire nel tempo, probabilmente proprio nel Quindicesimo secolo, quella attuale.

L’importante fabbrica Quattrocentesca fu profondamente ristrutturata per la prima volta nel Cinquecento dal Re Ferdinando I d’Aragona, Re Ferrante.

Quindi, proprio grazie a questi, l’imponente edificio Quattrocentesco, Palazzo Petrucci, subì nella seconda metà del Quindicesimo secolo una profonda trasformazione ad opera di maestri catalani, i quali operarono sia alla decorazione delle famose finestre, sia ad una più completa risistemazione dell’intero palazzo. Per questi interventi, sulla base di testimonianze e riscontri ritenuti attendibili, si fanno i nomi di Gil de Luna e Matteo Forcymanya. Probabilmente, come detto, a sollecitare l’intervento e l’opera degli artisti catalani fu proprio il Re Ferrante. Infatti come ci testimonia un documento da lui firmato nel 1468 pare che il Re fosse solito sostare a Carinola; come parrebbe del resto che il Sovrano avesse passato nella città nel 1475 un intero mese proprio per godere dell’avvenuta ristrutturazione dell’edificio, come sopra detto da lui stesso promossa e voluta.

Il Palazzo si sviluppa intorno a due cortili interni; vi si accede attraverso un portale durazzesco a sesto ribassato che immette in un arco voltato a botte; dai cortili si accede nella prima corte interna; di qui la scala aperta da cui si raggiungono i piani superiori. Al primo piano si incontra lo splendido loggiato caratterizzato da colonne ottagonali con archi depressi e da un soffitto a palconcelli dipinti con motivi floreali. Il loggiato colpisce per le sue linee semplici e essenziali, senza tuttavia venir meno a una certa funzionalità.

Tale parte del Palazzo inoltre è arricchita da affreschi rinascimentali. In ultimo concludiamo il percorso intorno al palazzo soffermandoci brevemente sulle finestre e sulla loro disposizione. Bisogna dire che esse si aprono su tutta la fabbrica in numero di otto, di cui due sul lato Vescovado, tre sulla facciata principale, una su quella laterale guardante verso il Castello e due sulla parte posteriore dell’edificio.

Per quanto riguarda ancora le finestre presenti sul prospetto principale, appare opportuno e appropriato concludere l’argomento riportando la descrizione che ce ne ha lasciato lo storico dell’arte Adolfo Venturi in un linguaggio colorito e sorprendentemente acceso che trae luce dalla materia a cui si presta:

“La cornice napoletana a bilancia si ripete nelle finestre di casa Novelli, una delle quali, adorna solo di foglie che s’annodano a rivestire i peducci, i pesi del bilanciere, mentre nelle altre l’artista fa pompa di ricchezza e di bizzarria decorativa, accostandosi allo spirito dell’arte spagnola. Si diverte, così, a lasciare libera, su per gli stipiti di una finestra, una disordinata moltitudine di tonde foglie randagie, come ronzanti sciami di calabroni, ad agghindar di gruppi di foglie, di fiocchetti marmorei, un’altra occhiuta per grandi rote a traforo, a contorcere, sotto la pressione dell’arco scemo, i lobi irregolari della cornice di una terza, lamine di metallo duttile, a sciorinar, da una quarta, al sole grevi cortinaggi di trine”.

Continuando ad arrampicarci lungo i secoli attraversati dall’importante palazzo Quattrocentesco di Carinola, il 1691 è un’altra data che si staglia lungo il suo tempo. Infatti proprio in tale anno vi dimorò Donna Anna Carafa di Stigliano, ritenuta una delle donne più belle d’Europa.

Nel Diciannovesimo secolo il Palazzo Quattrocentesco che fu di Antonello Petrucci e che ne recava il nome, lo mutò in quello di Palazzo Novelli, in quanto vi ebbe i natali il giurista Giuseppe Novelli, fondatore del moderno diritto penitenziario.

Il palazzo quattrocentesco da allora conservò le sue funzioni abitative accogliendo al suo interno diversi nuclei familiari fino al 1998; questo fatto, se da un lato ne ha impedito il progressivo degrado per incuria, dall’altro è stato motivo di gravi manomissioni.

Nel 1998 il comune di Carinola, dopo averlo acquistato, procedette ad un radicale programma di recupero e restauro del bene storico/architettonico.

Gli importanti lavori avvennero sotto la vigile direzione della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio delle province di Caserta e Benevento.

L’articolato intervento di ristrutturazione e restauro è andato dal 1998 al 2001 circa con una spesa che si è aggirata intorno ai quattro miliardi di vecchie lire.

Le risultanze di tale attività sono a dir poco sorprendenti; infatti come d’incanto sono emerse parti e strutture di cui si ignorava perfino l’esistenza. Così ciò che si era sempre supposto essere nient’altro che un piano superiore semiaperto invece si è scoperto trattarsi di un enorme loggiato circondato da un prezioso colonnato in marmo che grazie a questi lavori si è riportato alla luce.

Cosa ancora più sorprendente è stato l’aver scoperto ad opera del personale qualificato della Soprintendenza, nei piani superiori del palazzo Quattrocentesco, sotto uno strato di intonaco la meraviglia di diversi affreschi quattrocenteschi, quindi coevi agli anni in cui il palazzo è stato edificato. Questi importanti affreschi rappresentano soggetti religiosi o quadri di vita quotidiana.

Attualmente Palazzo Novelli è una importante, solenne sala congressuale; al piano superiore ed ospita tra l’altro anche la biblioteca comunale.

Il Palazzo di fatto rappresenta il vero e proprio fiore all’occhiello della città di Carinola, affacciando sulla storica Piazza Vescovado dove sorge la preziosa Cattedrale dell’undicesimo secolo.

Tornando alle origini del palazzo, è bene soffermarsi su quella che una delle figure centrali del torbido affastellarsi di eventi della Carinola Quattrocentesca e dello stesso Regno di Napoli, quella di Antonello Petrucci

ANTONELLO PETRUCCI

Il barone Antonello Petrucci nato a Teano da un’umile famiglia di contadini nel secondo decennio del 1400, vissuto anche a Napoli, conosciuto come Antonello d’Aversa perché in questa città fu avviato alla carriera notarile, fu una figura centrale non solo della Carinola catalana ma anche dello stesso Regno napoletano di Alfonso I d’Aragona e del figlio Ferrante.

La grande padronanza e l’assoluta maestria con cui seppe muoversi nei meandri sottili e incerti di una giurisprudenza vacillante, gli guadagnò una solida posizione e una notorietà che gli permise di accedere verso la metà del Quindicesimo secolo nella cancelleria reale, la “scrivania regia” di Alfonso V d’Aragona. Asceso a un livello così elevato seppe sfruttare la situazione dedicandosi con profitto alle pratiche relative in genere all’amministrazione e al governo. Ma non solo, grazie all’enorme fiducia di cui godeva fu anche chiamato ad adempiere mansioni di enorme responsabilità. Così fu investito della delicata gestione di compiti molto difficili e importanti concernenti il maneggio di grosse somme di denaro e altre lucrose attività. Inoltre fu “precettore e conservatore del gran sigillo”, ebbe il diritto di firma, la responsabilità di tutti i porti del Regno e una sorta di supervisione dell’economia e delle dogane. Ancora nel 1460 fu nominato, come si diceva allora, presidente della “Sommaria” e nel 1462 luogotenente del “gran cancelliere”. Ma Antonello Petrucci seppe andare oltre; infatti Re Ferrante che poneva in lui un’assoluta fiducia lo nominò suo segretario personale e gli concesse persino la facoltà di compiere in sua vece molti affari dello stato.

Nominatolo cavaliere gli concesse diverse terre e feudi ampliando oltremodo quelle che già erano da lui possedute.

Quindi la sua travolgente ascesa continuò senza incontrare ostacoli o altro sulla sua strada. Così come visto passò di carica in carica, ascendendo a posizioni sempre più prestigiose, a cariche sempre più importanti, fino a raggiungere il seggio di segretario di Re Ferrante I il quale gli conferì il titolo di barone e con esso ottenne molti altri privilegi feudali.

Sposò la nobildonna Isabella Vassallo. Dalla loro unione nacquero:

• Francesco Petrucci, conte di Carinola;

• Giovanni Antonio Petrucci, conte di Policastro, segretario regio della corte di Napoli; quest’ultimo si contraddistinse anche come accademico pontaniano;

• Giovanni Battista Petrucci, arcivescovo di Taranto, vescovo di Madito, amministratore apostolico di Teramo, nonché vescovo di Caserta;

• Tommaso Anello Petrucci priore di Capua nonché protonotario apostolico;

• Severo Petrucci o Silverio, vescovo di Muro;

• Giacomo Petrucci, filosofo e vescovo di Larino.

Invece le due figlie di Antonello Petrucci sposarono esponenti dell’aristocrazia napoletana. Infatti sua figlia Eleonora sposò Pardo Orsini, mentre l’altra figlia andò in sposa a uno dei Caracciolo.

Antonello Petrucci rafforzò ulteriormente ed estese i propri legami con la nobiltà del Regno favorendo il matrimonio di suo figlio Giovanni Antonio con Sveva Sanseverino.

Dunque, grazie alla vicinanza e al sostegno del Re Ferrante assurse alla posizione di segretario del sovrano aragonese, mentre i suoi figli furono creati l’uno conte di Carinola e l’altro conte di Policastro; quest’ultimo fu chiamato, come una sorta di socio, a condividere gli affari del Re possedendo una propria flotta e truppe armate, contribuendo allo sfruttamento delle miniere di allume di Ischia, di quelle di piombo e d’argento di Longobucco e commerciando anche in stoffe e prodotti alimentari; fu anche titolare di un saponificio a Napoli e pare che fosse addirittura proprietario di un’isola corallifera sulle coste della Tunisia.

LE CONGIURE DEI BARONI

Prima congiura dei baroni 1459/1464

L’unico elemento che unisce il primo duro scontro tra la potente classe baronale e il Re Ferrante al secondo è proprio la presenza di quest’ultimo.

Questa prima volta il Re aragonese dovette superare la rivolta dei baroni capeggiati da Giovanni Antonio Orsini Del Balzo, ultimo principe di Taranto. Probabilmente il principe di Taranto venne fatto uccidere facendolo soffocare, proprio da Ferrante nel 1463 ad Altamura, avvalendosi dei servigi dell’arciprete proprio della chiesa di quella città. Così gli Orsini Del Balzo persero i loro vastissimi possedimenti del principato di Taranto incamerati dal Re aragonese.

Ma oltre all’Orsini Del Balzo, in seguito all’assedio di Vasto nel 1464, Ferrante fece catturare anche il duca di Bari Antonio Caldora, spogliandolo di tutti i suoi possedimenti in Abruzzo, in Molise, in Capitanata e a Bari.

Seconda congiura dei baroni 1485/1486

Per quanto riguarda la “seconda congiura dei baroni” essa appare tra gli altri essere incentrata proprio intorno alla figura del barone Antonello Petrucci di Carinola.

La data cruciale della scoperta di questa seconda congiura fu il 13 agosto del 1486.

Infatti pare proprio che per aumentare il suo potere e la propria ascendenza sulla inquieta e potente classe baronale, il barone Petrucci favorì le nozze del suo secondogenito Giovanni Antonio con Sveva Sanseverino, stringendo i propri rapporti con quei baroni che congiuravano contro Ferrante ed offrendosi di dare loro aiuto proprio quando fingeva di sostenere il Re aragonese. Ma Ferrante dandogli a vedere di conservare per lui quella intesa e quella fiducia consolidatasi negli anni, il 13 agosto 1486, lo fece catturare. Fu svolto un simulacro di processo ed egli venne sottoposto a tortura durante la quale confessò ogni cosa si voleva che confessasse, dal tradimento a ogni cosa d’altro. Così, l’11 maggio del 1487 Ferrante lo mandò a morte. Seguì la confisca di tutti suoi molti beni secondo quanto disposto dalla sentenza di condanna. Come se non bastasse il suo luogo di origine venne barbaramente dato alle fiamme sempre su ordine del Re Ferrante. La stessa terribile sorte cadde anche sui figli Francesco e Giovanni Antonio. La stessa tragica fine calò anche su Elisabetta Vassallo, moglie di Antonello Petrucci; arrestata con il marito e morta in carcere il 10 ottobre del 1486.

Così si spense e cadde a Carinola la travolgente ascesa del barone Antonello Petrucci. Il suo tradimento, sfociato nella seconda congiura dei baroni, lo trascinò verso la completa rovina e verso la tragica fine per se e per tutti i suoi familiari e accoliti.

Dimitri Maria Pierri

Inviato da Posta per Windows